Pasticcio svizzero

di David B. Kopel, Stephen P. Halbrook e Carlo Stagnaro

 

Alle 10.30 circa del 27 settembre, un cinquantasettenne di Zurigo (non faremo pubblicità all'assassino citando il suo nome) ha fatto irruzione nel parlamento cantonale di Zugo - un cantone della Svizzera centrale, vicino a Lucerna - e ha fatto fuoco, uccidendo 14 persone, tutti funzionari governativi e municipali. Poi si è suicidato sparandosi.

Altre quattordici persone sono rimaste ferite. L'uomo aveva già mosso accuse verso i funzionari pubblici sette volte, tutte liquidate come frivole. Mentre stava facendo fuoco, ha definito le sue vittime "mafia" e "bastardi". E' stata rinvenuta anche una lettera nella quale egli alludeva a un prossimo "giorno della resa dei conti per la mafia di Zugo".

Il killer indossava una giubba con la scritta "Polizia", sebbene essa non fosse un'uniforme ufficiale delle forze dell'ordine svizzere. Ha usato diversi caricatori a 20 salve di un fucile semiautomatico SIG PE 90. Aveva con sè anche un fucile a pompa, una pistola 75 mm Sig Sauer, un revolver e una tanica di benzina.

Nel 1970, secondo la televisione svizzera, l'uomo era stato condannato a 18 mesi di prigione per vari reati, inclusi abusi sessuali su bambini. Poichè i suoi crimini erano caduti in prescrizione, gli era permesso di acquistare armi da fuoco. Negli anni Ottanta era stato indagato per diversi atti illeciti, fra i quali aggressioni. Infine, nel 1998, aveva usato una pistola per minacciare il conducente di un bus. Nella sua mente perversa, stava combattendo la sua battaglia personale contro la "Zugerland", l'agenzia di trasporti locali, il cui capo, Robert Bisig, ferito nella recente sparatoria, era anche membro del parlamento locale.

Il carattere dell'assassino era "cocciuto ed irascibile", ha affermato il giudice per le indagini preliminari Roland Schwyter. Il killer era con ogni probabilità mentalmente malato. "Un simile paranoico generalmente è un soggetto che crede di avere nemici forti e potenti. Non a caso, l'assassino di Zugo ha gridato parole di odio e di vendetta contro un gruppo di persone, chiamandole mafia", ha notato lo psichiatra Claudio Risè. Come nella maggior parte d'Europa, è molto più difficile vedere in Svizzera che negli Stati Uniti una persona legalmente incarcerata per infermità mentale.

Per ritrovare un precedente nella storia svizzera bisogna andare al 1992. Nel Canton Ticino, un assassino italiano uccise sei persone in cinque città diverse. Aveva pianificato di eliminarne altre, ma le vittime prescelte si trovavano in vacanza. Qualche giorno dopo, il killer si arrese e, una volta in prigione, si impiccò.

Gli omicidi di funzionari pubblici si sono verificati raramente in Svizzera. Nel 1923, un cittadino svizzero sparò a un delegato sovietico alla Conferenza di Pace di Losanna. Prima di allora, un vagabondo italiano usò una lima affilata per accoltellare l'Imperatrice austriaca Elisabetta a Ginevra il 10 settembre del 1898, spingendo Mark Twain a scrivere un saggio tormentato, che non pubblicò mai.

Per incontrare l'assassinio di un politico occorre tornare all'11 settembre 1890, quando il consigliere progressista del Ticino, Luigi Rossi, venne ucciso dai rivali conservatori.

I politici svizzeri, ora, sono preoccupati per la loro incolumità. I governi regionali e federale hanno ordinato di porre dei metal detector alle entrate dei loro edifici. Ma, ovviamente, questo non fermerà un killer che spara alla maniera dell'assassino di Zugo.

Il Ministro della Giustizia svizzero ha annunciato che il governo federale introdurrà nuove leggi sul controllo delle armi. Facciamo dunque un passo indietro e diamo un'occhiata alle leggi e alla cultura delle armi della Svizzera, uniche nel loro genere.

"Mentre si viaggia per la Svizzera di domenica, si possono udire ovunque gli spari, sebbene si tratti di spari tranquilli: sono gli svizzeri che praticano il loro sport preferito, quello nazionale. Stanno eseguendo le loro esercitazioni di tiro obbligatorie o allenandosi in vista delle gare di tiro regionali, cantonali o federali, come già facevano i loro antenati col moschetto, l'archibugio e la balestra. Dappertutto si incontrano cittadini e gente di campagna, fucile in spalla, che portano gli stranieri ad esclamare: "State facendo la rivoluzione!". Queste parole furono scritte dal Generale Henri Guisan, comandante in capo dell'esercito di milizia svizzero, l'anno prima che avesse inizio la Seconda Guerra Mondiale.

Dopo aver preso parte a gare di tiro svizzere per oltre un decennio, Stephen Halbrook può certificare la permanente validità di questa affermazione. Le persone sono libere di spostarsi in tutto il paese per partecipare a gare di tiro, e si vedono comunemente i concorrenti con armi da fuoco sui treni, nei bus, sulle biciclette e a piedi.

Nel 1939, poco prima che Hitler desse inizio alla Seconda Guerra Mondiale, la Svizzera ospitò i Campionati Internazionali di Tiro a segno. Il Presidente svizzero Philipp Etter disse al pubblico, nel quale sedevano rappresentanti della Germania nazista:

"Non esiste probabilmente altra nazione che, come la Svizzera, permette a un soldato di tenere la sua arma in casa...Con essa, egli può in qualsiasi momento, se il paese lo richiede, difendere il suo focolare, la sua casa, la sua famiglia, il suo luogo di nascita....Lo svizzero non rinuncia al suo fucile".

La Svizzera vinse il campionato a squadre per fucili d'ordinanza. La lezione non venne dimenticata dagli osservatori nazisti.

Halbrook, nel suo La Svizzera nel mirino: la neutralità armata della Svizzera nella Seconda Guerra Mondiale, racconta minuziosamente come la politica perseguita dalla milizia svizzera del "fucile in ogni casa" abbia scoraggiato un'invasione nazista. Un attacco tedesco avrebbe avuto costi ben più elevati in termini di perdite umane nella Wehrmacht rispetto alle facili vittorie ottenute in altri paesi europei, i cui governi avevano limitato il diritto a portare armi prima della guerra. Diverse centinaia di migliaia, forse milioni, di svizzeri - e rifugiati che trovarono asilo nel paese elvetico - si salvarono perchè ogni svizzero aveva un fucile ed era preparato a resistere.

Oggi, ad ogni uomo, compiuti 20 anni, viene fornito un fucile militare automatico ed egli è obbligato a tenerlo in casa. E' obbligatorio servire nell'esercito di milizia. Quando uno svizzero non è più costretto a prestare servizio militare, può tenere il suo fucile (che da automatico viene convertito in semi-automatico) o la sua pistola (se ha servito come ufficiale).

I Padri Fondatori come John Adams e Patrick Henry ammiravano moltissimo la milizia svizzera, che ispirò il Secondo Emendamento della Costituzione americana - la preferenza verso "una milizia ben organizzata" giacchè "necessaria alla sicurezza di un libero stato" e la garanzia del "diritto dei cittadini di possedere e portare armi". A diciannovesimo secolo inoltrato, l'esercito americano inviò degli osservatori in Svizzera nella speranza di emulare la cultura locale del tiro a segno.

I Fondatori americani ammiravano anche il sistema svizzero di governo decentralizzato, una confederazione in cui il governo federale detiene poteri severamente limitati e definiti e i cantoni, ancor più degli stati americani, vantano in gran parte la potestà legislativa. I cittadini esercitano spesso la democrazia diretta, attraverso la petizione e il referendum. Il grande scienziato politico Gianfranco Miglio affermò che gli svizzeri godono "dell'ultimo, vero federalismo nel mondo", contrariamente a quello "falso e/o degenerato" della Germania o dell'America.

Per secoli, i cantoni svizzeri non ebbero restrizioni al possesso e al porto d'armi, sebbene ogni uomo fosse obbligato a dotarsi di armi per il servizio nella milizia. Nell'ultima parte del ventesimo secolo, alcuni cantoni hanno reso necessarie le autorizzazioni per portare pistole, imposto tasse per l'acquisto di alcuni tipi di arma da fuoco (tasse che potevano essere evase acquistando le armi in altri cantoni) nonchè ulteriori restrizioni - sebbene non interferendo mai con le gare di tiro a segno, sempre presenti.

In altri cantoni - generalmente quelli coi tassi più bassi di criminalità - non era necessario un permesso della polizia per detenere pistole o per comprare un fucile semiautomatico, sosia del Kalashnikov. Era richiesta una licenza solo per le mitragliatrici che non provenivano dalla milizia. I silenziatori o i dispositivi anti-rumore non erano regolamentati. Anzi, il governo federale vendette ai collezionisti tutte le eccedenze militari, tra le quali cannoni antiaerei, pezzi d'artiglieria e mitragliatrici.

Nel 1996, il popolo svizzero andò alle urne per decidere se permettere al governo federale di legiferare in materia di armi da fuoco e proibire quindi ai cantoni di regolamentare queste ultime. Coloro che vedevano di buon occhio le restrizioni (come in altri paesi europei) interpretavano questa come un'occasione per far passare leggi sul controllo delle armi a livello federale; coloro che si opponevano a qualsiasi limitazione in alcuni cantoni lo vedevano come un mezzo per vanificare la regolamentazione cantonale, come ad esempio l'obbligo stabilito a Ginevra di una autorizzazione per il possesso di armi ad aria compressa.

Il risultato è stato una legge federale sulle armi da fuoco che impone alcune limitazioni, ma lascia virtualmente inviolata la possibilità dei cittadini di possedere armi dell'esercito svizzero e di partecipare a competizioni in tutto il paese.

La Legge federale sulle armi del 1998 regolamenta l'importazione, l'esportazione, la produzione, il commercio e alcuni tipi di possesso di armi da fuoco. Il diritto a comprare, possedere e portare armi è garantito ma con alcuni limiti. Non si applica alla polizia o all'esercito di milizia - del quale fa parte la maggior parte degli uomini adulti.

La legge proibisce le armi automatiche e alcune "derivate" semiautomatiche; ma i fucili d'assalto dell'esercito svizzero sono esclusi dalla proibizione. (L'esclusione rende quest'ultima quasi insignificante) Inoltre, i collezionisti possono ottenere speciali permessi per le armi "vietate", come i fucili mitragliatori e le mitragliatrici.

Per acquistare un'arma da fuoco presso un rivenditore autorizzato è obbligatorio un permesso per pistole e alcune armi lunghe, ma non per fucili a colpo unico, a canna multipla, bolt action (un tipo di carabina a ripetizione con otturatore girevole scorrevole), da competizione o da caccia. I permessi devono essere assegnati a coloro che hanno almeno 18 anni e nessun precedente penale che renda interdetto il porto d'armi. Le autorità non possono detenere alcun registro dei possessori di armi. I privati possono liberamente comprare e vendere armi da fuoco senza restrizioni, a condizione che essi conservino un accordo scritto e che il venditore ritenga che il compratore non sia penalmente inabile.

Era già richiesto anche un permesso per produrre e trattare armi da fuoco, ma oggi esistono molte più regolamentazioni. Durante la Guerra Fredda, il governo esigeva che ogni casa avesse un rifugio a prova di bomba, che oggi spesso funge da armeria (e da cantina per i vini).

Le punizioni dipendono dallo scopo. Un crimine premeditato può essere punibile con la detenzione fino a 5 anni, ma il mancato rispetto della legge per negligenza, o senza intenzione, può risolversi in un'ammenda o può addirittura restare impunito.

Prima del 1998, circa la metà dei cantoni (come i 33 stati americani) consentiva ai cittadini rispettosi della legge di portare pistole in pubblico a fini di sicurezza; in alcuni casi, era richiesta un'autorizzazione facilmente ottenibile. La nuova legge federale rende le licenze necessarie ovunque e, finora, queste sono stare rilasciate in modo restrittivo. (tuttavia, si può liberamente portare una pistola o un fucile ad un poligono di tiro, e ve ne sono ovunque)

Zugo, sito della strage di settembre, è sempre stato un luogo in cui è difficile ottenere il porto d'armi (Waffentragschein). Anche se le licenze fossero state rilasciate velocemente, non avrebbe fatto una grande differenza il 27 settembre, poichè, come ha chiarito uno dei nostri amici svizzeri: "il clima intellettuale era completamente pacifico. Non sarei rimasto affatto sorpreso - prima dell'attentato - nell'apprendere che nell'Uri o in Ticino o nei Grigioni vi fossero membri delle assemblee che portavano armi, ma mi sarei meravigliato se fosse accaduto a Zugo. E' esattamente questo ciò che quel pazzo criminale ha sfruttato, uno stato d'animo. Vi sono più parallelismi fra gli orribili crimini di settembre di quanto non balzi agli occhi in un primo tempo".

Qualsiasi nuova restrizione proposta al possesso e all'uso pacifico di armi da fuoco incontrerà l'opposizione della Milizia; delle organizzazioni di tiro a segno, come la Federazione sportiva svizzera di tiro; e del gruppo in difesa del diritto a portare armi ProTell, che ha preso il nome da Guglielmo Tell, il quale abbattè una mela posta sulla testa di suo figlio. I loro alleati sono i partiti politici che appoggiano il libero mercato, il federalismo, il governo limitato, il non-interventismo e l'indipendenza da ogni organizzazione internazionale come l'Unione Europea o l'ONU.

I sostenitori delle restrizioni alle armi da fuoco tendono ad essere socialisti o di sinistra - inclusi coloro che desiderano abolire la milizia, rafforzare il governo centrale per assomigliare alla Germania, ed entrare nell'Unione Europea. Ironicamente, il Partito socialista svizzero abbracciava convinzioni simili anche all'alba dell'ascesa di Hitler. Ma i socialisti svizzeri riconobbero presto il pericolo, e nel 1942 - quando la Svizzera era circondata da dittature dell'Asse - il Partito Socialista deliberò che "gli svizzeri non dovrebbero mai essere disarmati, neppure in tempo di pace".

Dal 27 settembre, i media europei hanno da ridire su questo "paese armato" in cui ogni cittadino è un "potenziale cecchino". Ma il fatto è che la Svizzera è tanto sicura quanto le altre nazioni europee dove esistono molte più restrizioni al porto d'armi. Nel 1994, il tasso di omicidio in Svizzera era di 1,32 ogni 100.000 abitanti. Lo 0.58 (il 44 %) coinvolgeva armi da fuoco. Paragonate questo dato al 2,25 dell'Italia (1,66 con arma da fuoco), all'1,12 francese (0,44) e all'1,17 della Germania (0,22).

Il tasso di porto d'armi per unità familiare in Svizzera è del 27%. Mettetelo a confronto con le cifre per famiglia (almeno di quelle famiglie che hanno acconsentito a divulgare il possesso di un'arma ad un esperto di sondaggi telefonici affiliato al governo) dell'Italia (16%), della Francia (23%) e della Germania (9%)

L'estrema sinistra chiede un nuovo massiccio controllo delle armi, e il divieto di tenere fucili della milizia in casa. Tuttavia, il Ministro della Difesa ha escluso tali cambiamenti. Il dipartimento di giustizia spingerà per un emendamento alla legge federale che abolirebbe i passaggi di proprietà delle armi da fuoco private; tutte gli scambi fra privati avrebbero bisogno dell'autorizzazione della polizia.

Mentre la maggior parte dei vicini meno armati della Svizzera sono tanto pacifici quanto la nazione elvetica, il pericolo viene dai Balcani - l'ex Iugoslavia e l'Albania - per non menzionare il caos che è seguito al collasso dell'Unione Sovietica. Il terrorismo politico e il crimine organizzato stanno inondando l'Europa. Infatti, le stesse organizzazioni terroristiche che hanno assassinato civili americani l'11 settembre operano in tutti i paesi europei, compresa la Svizzera. La nuova legge svizzera sul porto d'armi è in parte una reazione a questo disordine. Ma, poichè i terroristi possono procurarsi gli AK-47 dell'ex Armata Rossa in tutte le nazioni europee tramite il mercato nero, la recente normativa federale colpisce più gli svizzeri rispettosi della legge che non i criminali stranieri.

Occorre chiedersi se più leggi a favore del controllo delle armi sarebbero utili alla Svizzera quanto l'imprigionare coloro che minacciano i conducenti di bus con una pistola, o il migliorare la sorveglianza degli scarcerati resisi colpevoli di abusi sessuali su bambini.

 

National Review Online, 30 ottobre 2001

http://www.nationalreview.com/kopel/kopel103001.shtml


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